Documenti
Bronzo
Amiternum (L’Aquila)
IV secolo DC
Le tabulae patronatus rappresentano documenti ufficiali che avevano la funzione di ricordare il
vincolo esistente tra i cittadini di una colonia o di un municipio e il loro patrono, generalmente
residente a Roma. In tal senso corrispondono alla funzione “privata” delle prime tessere, dette
hospitales, che fin dalla remota antichità sancivano un vincolo di ospitalità tra due contraenti,
l’ospitante e l’ospitato: oggetti simili prevedevano pertanto una “duplice copia”, con cui l’ospitalità
poteva essere rivendicata. Allo stesso modo, le tabulae patronatus, diffuse in età imperiale
nelle province romane e nel IV sec. d.C. anche in Italia, dovevano essere solitamente due, una
pubblica da affiggere nel foro o altro luogo riservato alla vita comunitaria, e l’altra privata, destinata
alla casa del patrono, spesso ricordata dall’iscrizione stessa.
Le tabulae patronatus, a contenuto standardizzato, potevano essere redatte in una forma breve,
che prevedeva la scelta di qualcuno come patrono e la conferma della registrazione del patronato,
oppure in una forma lunga, che ricordava anche il decreto di conferimento del patronato.
Quest’ultima è anche la forma dei due testi di Amiternum: la prima tabula riguarda il patronato
su Amiternum conferito a Gaius Sallius Pompeianus Sofronius nel 325 d.C., mentre la seconda
riguarda il patronato su Foruli attribuito a suo figlio, con lo stesso nome, nel 335 d.C. Si tratta di
rappresentanti di una famiglia amiternina la cui esistenza è documentata per oltre due secoli: le
stesse tabulae ricordano ben tre patroni nell’arco di quattro generazioni.
Il primo testo menziona gli interventi di munificenza di Gaio Sallio a favore della città (“splendidissimae
civitati nostrae”): la riattivazione dell’acquedotto (Aqua Arentani) e l’offerta di due
giorni di rappresentazioni teatrali per l’inaugurazione delle terme che lo stesso Gaio Sallio fece
ricostruire e dotare di porticati e di statue. La seconda tabula, più sintetica, non è meno interessante,
in quanto la cerimonia di conferimento, a differenza della prima, è “pagana” o “vicana”.
Le due tavole rappresentano le ultime testimonianze di vita dell’abitato. Il fatto che siano state
rinvenute ad Amiternum, circa 150 m a sud-est dell’anfiteatro, presso le strutture murarie di una
grande abitazione, suggerisce di identificare l’edificio con la domus dei Sallii, ancora abitata nel
IV sec. d.C. dai suoi proprietari.