Ministero della Cultura

La Colonna e il santuario di Ercole Curino a Sulmona

Il santuario di Sulmona sorge in altura in posizione di affaccio sulla vallata subequana. Indagato a partire dalla fine degli anni Venti in cerca della perduta villa di Ovidio, le strutture e gli ex voto emersi a poco a poco, contrariamente alle aspettative, hanno delineato un luogo sacro a lungo frequentato (dal V-IV sec. a.C. fino al II sec. d.C.). Le prime opere di monumentalizzazione sembrano risalire già alla fase iniziale di vita del santuario, con la costruzione di un muraglione con tecniche diverse (in bella opera poligonale e in blocchetti più rozzi) attribuibili a fasi costruttive diverse. Il muraglione doveva sorreggere un piano terrazzato di 41 x 7 metri su cui venne più tardi edificato un tempietto. Ulteriori tratti murari di contenimento si trovano a quote più basse e lasciano supporre l’esistenza di un sentiero che doveva condurre da sud-ovest fino alla terrazza superiore.

Un intervento di sistemazione dell’intera area, che interessa anche la via di accesso, risale al I sec. a.C., quando il santuario assume il suo assetto definitivo e diviene raggiungibile probabilmente da nord. Sotto la prima terrazza viene costruito un muro molto più imponente alto 7 metri e strutturato a gradoni per sorreggere una seconda terrazza più ampia e di forma trapezoidale. Tra il nuovo muraglione e la terrazza è visibile un prospetto di quattordici ambienti coperti a volta e comunicanti tra loro, dai cui partivano due scalinate che conducevano alla terrazza vera e propria. Queste concamerazioni, note come “potèche” nella letteratura umanistica, con il loro aspetto diroccato dovevano infatti ricordare le botteghe nelle quali Ovidio avrebbe esercitato la “mercatura”.

La grande terrazza inferiore era occupata da portici colonnati su tre lati e da alcuni ambienti funzionali al culto. Una delle colonne intonacate è esposta nel museo perché conserva eccezionalmente il cognomen il Ovidio, Nasonis, insieme a dodici righe di versi ovidiani, tributo che qualche devoto del santuario volle rendere al poeta sulmonese.

L’edificio di culto vero e proprio e altri arredi funzionali alla vita del santuario — una cassetta per le offerte e una fontana che richiama alla presenza di una sorgente d’acqua nei pressi — erano però ospitati dalla terrazza superiore, accessibile da quella inferiore mediante tredici larghi gradini che conducevano ad un piccolo piazzale lastricato, da cui ne partivano altri otto più stretti fino a raggiungere la sommità. Qui era costruito un piccolo sacello a pianta quadrata privo di podio, con pareti intonacate e mosaici pavimentali, che inducono a datare il monumento al II-I sec. a.C., probabilmente in sostituzione di un tempio più antico che avrebbe occupato il lato nord. All’interno del tempietto furono trovate fra l’altro la piccola statua bronzea di Ercole in riposo, la statua marmorea dell’Ercole cubans e il pilastro con dedica di Albius Eros, scalptor statuarius (scultore e bronzista). La strardinaria ara bronzea con dedica di Septimius Popilianus, evocatus Augusti (veterano richiamato in servizio), era invece collocata all’esterno del sacello.

La quantità e il numero degli ex voto raffiguranti Ercole o la sua clava, insieme alle iscrizioni dedicatorie, permettono di attribuire il culto, almeno nella fase più recente di vita del santuario, proprio alla figura di Ercole, ricordato nelle dediche con l’epiteto di Curino o Quirino.

Dopo il II d.C. la lunga frequentazione del santuario sembra arrestarsi a seguito di un evento sismico o di una frana. E’ probabile che da questo momento le strutture antiche vengano utilizzate, come in tanti altri casi, come cave di pietra per la realizzazione delle chiese e delle abbazie che sorgono nelle immediate vicinanze.

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